Giannis Antetokounmpo, grandissimo cestista NBA in forza ai Milwaukee Bucks, disse lo scorso aprile in una conferenza stampa che nello sport si vince e si perde e non esiste il fallimento. E ha ragione. Però non esiste che non si lotti in campo. Perché si può perdere, ma mai si deve perdere senza combattere.
E la Salernitana – almeno quella “ammirata” nel primo tempo dell’ennesima sconfitta in campionato in casa del Genoa per 1-0 – sta perdendo le partite e sportivamente ci può stare. Sta perdendo la Serie A e sportivamente ci può stare. Ma non sta combattendo. Non sta lottando. Per un palese ed evidente rottura nello spogliatoio (quella mancata palla di Mazzocchi per Candreva fa il paio con la mancata palla dello stesso Candreva verso Stewart nella sfida interna con il Cagliari).
Quindi ad Ancona stanno “sperando”. Cosa c’entra il capoluogo marchigiano? C’entra, perché l’Ancona 2003/2004 detiene il record poco apprezzabile di squadra con meno punti conquistati in Serie A con i tre punti in palio, appena 13. E la Salernitana se dovesse continuare così rischierebbe di battere i dorici.
Come evitare questo? Con i fatti e non con le parole vuote. Ritiro a tempo indeterminato a Polla o a Serino, ingaggio di un direttore generale esperto di calcio (primo nome in lista: Pier Paolo Marino) che sappia escludere dallo spogliatoio le mele marce, instant team 2.0 a gennaio per salvare quantomeno la dignità, spendendo quello che non si è voluto spendere in estate.
Altrimenti? Altrimenti Danilo Iervolino confermi il suo solito modus operandi con le aziende di sua proprietà. Ossia trovi un acquirente serio e tolga il disturbo. Portando con sé il suo sinallagma. E la sua spocchia.