Ci sono vite che capitano e vite da Capitano. E se si parla di Roberto Breda e la Salernitana si entra automaticamente nella seconda parte della fase precedente.
Il trevigiano è e sarà sempre il “Breda al 76′” del “Partenio” di Avellino del 20 febbraio 1994, è e sarà sempre colui che chiuse i giochi nella finale playoff del “S.Paolo” di Napoli contro la Juve Stabia il 22 giugno 1994, è e sarà sempre il Capitano della squadra che demolì il torneo di B nella stagione 1997/1998 riportando la Salernitana in A dopo 51 anni.
Ed è e sarà sempre il condottiero dalla panchina della stagione 2010/2011, l’ultima con Antonio Lombardi patron della Salernitana. Lui e il ds Nicola Salerno sostituirono in toto una società completamente assente sia comunicativamente che (e soprattutto) economicamente con i calciatori non pagati. E, nonostante tutto, quel gruppo con Breda allenatore sfiorò la Serie B, persa solo nella finale playoff con il Verona di Mandorlini.
2-0 per gli scaligeri il 12 giugno 2011 all’andata (ma con un arbitraggio di Di Bello a dir poco scandaloso), solo 1-0 per i granata sette giorni dopo in un “Arechi” gremito in ogni ordine di posto. Risultato insufficiente per ribaltare la situazione. E quindi Verona in B e Salernitana destinata al fallimento e alla ripartenza dalla D.
Tredici anni e mezzo dopo, la vita offre a Roberto Breda una nuova occasione sulla panchina della Salernitana. Con due analogie con la situazione precedente: un patron (nonostante le solite chiacchiere dell’amministratore delegato Milan) completamente assente e un’impresa sportiva da compiere.
Già, perché attualmente salvare la Salernitana equivale a un’impresa e consentirebbe a Breda di vendicare sportivamente il 19 giugno 2011 e trasformare in gioia quelle lacrime. Altrimenti, l’etichetta (della quale non ha nessuna colpa, ci mancherebbe altro) di “Sabatini bis” e di essere stato chiamato solo per calmare la contestazione della piazza gli rimarrà appiccicata. Toccherà a lui risolvere questo dilemma.