Nel valutare una stagione sportiva di una squadra la maggior parte degli addetti ai lavori – operando in maniera alquanto superficiale – si ferma ad annotare con la precisione di un notaio i risultati ottenuti, curandosi poco (e colpevolmente) di come questi risultati siano arrivati e/o analizzare le ragioni che hanno invece impedito alla squadra sotto osservazione di ottenere determinati obiettivi.
Insomma, è un po’ come voler valutare il rendimento di un terreno agricolo basandosi solo ed esclusivamente sul raccolto. Ebbene, basta azionare un po’ di logica per capire come questo modo di ragionare sia assolutamente scorretto.
Il raccolto è solo il risultato finale di una serie di processi. Una serie di processi che inizia con la semina. Ed è la fase che sta vivendo ora la Salernitana di Martusciello.
Certo, il pareggio a reti bianche al “Mapei Stadium” contro la Reggiana ha lasciato un po’ di amaro in bocca perché la squadra granata ha sbattuto contro un Francesco Bardi in giornata di grazia con cinque paratissime (clamorosa quella su Wlodarczyk). E, dove Bardi non ci è arrivato, ci ha pensato la stessa Salernitana a sbagliare gol già fatti, vero Braaf?
Però negli spogliatoi Martusciello ha giustamente evidenziato come in questo momento sia costretto a fare una seconda fase di semina dopo la prima obbligatoria con semi dei quali era cosciente che il vento del mercato se li sarebbe portati via. Questa volta, però, la semina è fatta con semi di proprietà e con un terreno ben coperto da una tettoia che ha come pilastri Petrachi e Martusciello.
Ds e allenatore parlano (finalmente) una sola lingua, allontanando spifferi, correnti e correntine che tanto hanno fatto male lo scorso anno. Un blocco unico. Un blocco quasi granitico. Garanzia di un raccolto che potrà, con queste premesse, essere davvero proficuo.