Siamo sinceri, le speranze di uscire indenni dallo “Stadium” di Torino nella gara secca degli ottavi di finale di questa Coppa Italia che rimane di gran lunga la manifestazione calcistica più antisportiva e abietta che esista al mondo erano pressoché nulle.
E siamo altrettanto sinceri. Alzi la mano chi non ha pensato alla famosissima scena del “gol a freddo” del mitico Oronzo Canà nel film “L’allenatore del pallone” quando Ikwuemesi al primo minuto aveva segnato la rete del vantaggio.
Chi l’ha fatto (e siamo stati in molti) non ha fatto la Cassandra ma ha semplicemente messo in moto la parte razionale del cervello. Una squadra fortissima con sette titolari su undici e con una panchina lunghissima non poteva far altro che una passeggiata di salute contro una compagine decisamente più debole e con soli due titolari (Maggiore e il “forzatamente titolare” Daniliuc) a disposizione.
Quindi, commentare questa partita è esercizio quasi superfluo. Bastano solo due piccoli appunti. Piccole come le “colpe” di Pippo Inzaghi. Il mister non poteva certo friggere il pesce con l’acqua, ovvio. Però, appunto, quando una squadra è in difficoltà numerica e tecnica, a Coverciano insegnano che vi è solo un’ancora di salvezza tattica: il 4-4-2.
Far partire Bradaric titolare come terzino sinistro, alzare Sambia e schierare Tchaouna sull’altra fascia, mettere Daniliuc terzino destro e far agire Botheim come seconda punta accanto a Ikwuemesi sarebbero state scelte un tantinello più logiche.
Così come sarebbe stato più logico evitare a una squadra già sballottata un mix continuo di spartiti tattici e di cambiamenti di ruolo. Due fattori che hanno acuito il punteggio fortemente punitivo nei confronti dei granata.
Infine, cambiano gli uomini e i moduli ma la malattia dello “sbracamento” rimane imperterrita nella Salernitana. Dopo l’Inter e l’Atalanta ecco la Juventus. Sarebbe rispettoso nei confronti dei tifosi granata che i calciatori e il tecnico rimangano lucidi sempre, fino alla fine. Troppe goleade fanno davvero male.